Sindrome da Defecazione Ostruita (SDO): cos’è e come trattarla?

La sindrome da defecazione ostruita è una patologia che causa un’anormale e difficoltosa espulsione delle feci, solitamente a causa di un’alterazione funzionale o proprio morfologica dell’ultimo tratto dell’intestino: il retto.

 

È dunque una patologia funzionale: spesso uno stile di vita scorretto, l’invecchiamento, la gravidanza o l’indebolimento dei muscoli del pavimento pelvico causano delle modifiche nelle sinergie di tutti quegli organi e muscoli normalmente coordinati tra loro per eseguire un atto tanto apparentemente semplice e naturale quanto minuziosamente complicato se studiato nei più piccoli dettagli, che è la defecazione.

 

La diagnosi di questa patologia è di solito fatta dallo specialista proctologo, a cui il paziente si rivolge in seguito alla percezione di incomplete evacuazioni, di necessità di evacuare in più tempi uno stesso bolo fecale, sino alla necessità di eseguire veri e propri aiuti manuali per incapacità di svuotare l’ampolla rettale.

Mentre una normale colonscopia può mostrare reperti di normalità in caso di sindrome da defecazione ostruita, molto utili per la conferma della diagnosi sono i test funzionali come la manometria anorettale, la defecografia o la più recente defeco-risonanza.

 

Una volta posta la diagnosi da parte dello specialista, la terapia di questa sindrome funzionale trae giovamento anzitutto dall’impostazione di una dieta bilanciata e mirata a formare un’ottimale consistenza delle feci: importante quindi un abbondante idratazione e un adeguato quantitativo di fibre. Il secondo step terapeutico prevede una ginnastica riabilitativa del pavimento pelvico, il cosiddetto biofeedback, che tende da un lato a rinforzare proprio dal punto di vista muscolare il pavimento pelvico, e dall’altro a riportare quella coordinazione e sinergia tra i vari muscoli coinvolti nella defecazione. Infine, il trattamento più efficace ma anche il più invasivo, solitamente riservato ai casi più impegnativi o quelli che non hanno avuto benefici dalle terapie proposte, è l’approccio chirurgico: sia esso condotto per via transanale o, come ormai molto diffuso dopo l’avvento della laparoscopia, per via anteriore, ha l’obiettivo di riportare morfologicamente nella posizione ideale l’ultimo tratto dell’intestino, per permettere alla muscolatura della regione pelvica di riprendere a lavorare in maniera efficace, riportando la capacità di evacuazione del paziente alla normalità.