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Attualmente la chirurgia robotica rappresenta il punto più alto dell’applicazione della tecnologia nel campo della chirurgia. I benefici vanno a magnificare gli ormai indiscussi vantaggi introdotti con la laparoscopia (minor trauma chirurgico e migliore ripresa postoperatoria per il paziente, magnificazione della visione intraoperatoria per il chirurgo), aggiungendo la possibilità di eseguire movimenti ancor più raffinati e precisi.

Questo è il titolo della mia tesi del Master annuale di ecografia. È dedicata all’endosonografia transanale ed è stata recentemente segnalata da SICCR – Società Italiana Chirurgia Colorettale. Alla stesura del testo hanno collaborato Valeria Quintodei e Giacomo Borroni. Se vi va di dare un’occhiata al documento – è in lingua inglese – potete scaricarlo da qui.

L’ecografia transrettale a 360° è una tecnica diagnostica ecografica eseguita con una sonda inserita attraverso il retto. Si acquisiscono immagini delle strutture anatomiche del piccolo bacino (ano, retto, fasce muscolari, vagina, utero ed annessi, prostata ecc). Si basa sull’utilizzo di una sonda multifrequenza, da 6 a 16 MHZ. Ciò consente una ricostruzione tridimensionale dell’anatomia del paziente a differenti livelli di profondità.

Preparandomi per un corso di coloproctologia, ho trovato un articolo scientifico pubblicato sul The American Journal of Medicine nel dicembre 2013. Tra il 2000 ed il 2010, gli autori, provenienti da diverse università di Taiwan, hanno studiato 70.513 persone portatrici di malattia emorroidaria scoprendo che tra essi sono stati riscontrati 3080 casi di cancro, con rapporto statisticamente significativo verso i tumori colorettali e della prostata.

Il tumore maligno colorettale in Italia è la seconda causa di morte per tumore sia tra gli uomini che tra le donne. In Piemonte nel 2013 si sono ammalate circa 3.500 persone ed il numero di decessi dei pazienti portatori di questo male (oltre 20.000) è intorno a 1.500 l’anno. Alcuni studi rivelano che spesso esiste un considerevole ritardo diagnostico, cioè nel tempo intercorrente dalla comparsa dei primi sintomi avvertiti dal paziente al primo intervento mirato (es. colonscopia).